L’onda d’urto del vulcano Hunga Tonga – Hunga Haʻapai osservata dai rivelatori di PolarquEEEst a Ny-Ålesund
La quantità di energia sprigionata dalla recente esplosione del vulcano sottomarino dell’isola di Hunga Tonga – Hunga Haʻapai, nel sud Pacifico, è stata tale da rendere, a più giorni di distanza dall’eruzione, ancora osservabili i suoi effetti.
Lo dimostrano le misure effettuate da un team di fisici baresi mediante i sensori del progetto PolarquEEEst, situati a Ny-Ålesund, nelle isole Svalbard, l’insediamento di ricerca più vicino al Polo Nord per la rivelazione dei raggi cosmici.
Fotografata dai satelliti in orbita terrestre, l’imponente esplosione di Hunga Tonga – Hunga Haʻapai del 15 gennaio ha distrutto parte dell’omonima isola su cui si trovava il vulcano, producendo un’onda d’urto che si è poi propagata attraverso l’atmosfera terrestre.
Le variazioni di pressione atmosferica, associate al percorso delle onde d’urto prodotte a seguito dell’evento, sono state rilevate persino nella stazione di misura di PolarquEEEst, l’apparato per la misura di raggi cosmici più vicino al Polo Nord. Finanziato dall’Istituto Nazionale di FIsica Nucleare e dal Centro Ricerche “Enrico Fermi”, con il contributo dell’Istituto di Scienze Polari del CNR, l’apparato ha infatti osservato, nel corso dei giorni, i passaggi che le onde d’urto emesse dall’esplosione in direzioni opposte hanno effettuato in corrispondenza della base scientifica del CNR “Dirigibile Italia” a Ny-Ålesund, alla latitudine di 78°55’N, dopo aver percorso l’intera superficie terrestre.
“La prima onda dopo aver viaggiato per 13.500 km – spiega il prof. Marcello Abbrescia dell’Università degli Studi di Bari – ha raggiunto Ny-Ålesund lo stesso giorno alle 17:21 circa (ora italiana), manifestandosi con un aumento della pressione atmosferica misurata dai sensori installati sui tre rivelatori POLA del progetto PolarquEEEst, operativi nella stazione artica dal 2019.”
- “Una seconda onda d’urto che si è propagata in direzione opposta percorrendo più di 27.000 km – aggiunge il dott. M. Nicola Mazziotta dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare – è stata registrata circa 12 ore dopo, alle ore 5:20 (ora locale) del giorno successivo, il 16 gennaio. Una terza, che ha proseguito a una velocità media superiore ai 300 m/s nel suo viaggio attorno alla Terra, compiendo un giro ulteriore, è stata osservata dopo altre 36 ore, il 17 gennaio alle ore 17:35 circa. Ulteriori onde di pressione sono state osservate nella zona di Ny-Ålesund, dovute ai successivi passaggi della perturbazione.”